Quando giocava Pasolini di Valerio Piccioni
E’ Pier Paolo Pasolini il protagonista di questa Pillola di gioia Racconti di sport, realizzata insieme a Uispress, agenzia stampa settimanale dell’Uisp.
L’autore e lettore di questo brano di un suo libro del 1996, Quando giocava Pasolini, ed. Limina. Calci, corse e parole di un poeta è Valerio Piccioni, giornalista de La Gazzetta dello sport, scrittore e podista, (qui un suo intervento) creatore de La corsa di Miguel
“Sul campo, su tutti i campi, Pasolini non dà un’idea di scissione, è un piacere vederlo giocare, impegnato, coinvolto. Rino Marchesi, allora giocatore, allenatore oggi, lo incontra un giorno, un’amichevole per beneficenza, una delle tante, a Forte dei Marmi: “Mentre Sandro Ciotti brontolava tutta la partita, vagando per il campo arrabbiato perché nessuno gli passava la palla, Pasolini era sempre nel vivo del gioco, sempre attivo. Avevo l’impressione che fuori dal suo ambiente si esprimesse molto di più, Insomma si voleva si vedeva che voleva mettere alle spalle in poi i suoi travagli. E il giudizio si sposa con le parole di Franco citti: dopo le partite, si ammusoniva di nuovo. Era come se all’improvviso calesse un velo su tutto punto finiva all’esaltazione, il momento magico che lo faceva ritornare come un ragazzino a sorridere e a ridere. finita la tensione del gioco, rientrava nella sua bolla di vetro, nei suoi silenzi, scaldandosi solo se i commenti sulle azioni fatte durante la partita, sul terreno di gioco, non gli tornavano. Grondanti di sudore e sporchi di terra e fango, ci infilavamo sotto le docce e lui ritornava a essere solo, immediatamente si ritrovava ad annegare nei pensieri e nei problemi che non raccontava mai a nessuno. Quando si usciva dagli spogliatoi, arrivava sempre per ultimo – sembrava un pulcino bagnato che per sbaglio si è trovato all’aperto, lontano da un riparo, mentre scoppiava il temporale. Il Pasolini con la maglia azzurra è il numero 11 ma anche il 10 (tant’è che molti compagni se lo ricordano più mezzala che ala sinistra) comincia a Palestrina, meno di un’ora di macchina da Roma. Per la verità si giocherà qualche volta anche con il giallo del Brasile di Pelè: omaggio allo spettacolo (o presunto tale…) che la squadra volle offrire alla fissazione di Giacomo Ciarlantini, agente cinematografico, allora animatore e oggi archivio vivente di quell’avventura. Poi il 1966: l’esordio di quella Nazionale dello spettacolo che girava l’Italia in lungo e in largo, madre di tante squadre del genere di oggi. Oltre a Pasolini giocano tra gli altri Sergio Leonardi, Gianni Morandi, Maurizio Merli, Little Tony, Giorgio Bracardi, Enzo Cerusico, Enrico Montesano, Ninetto Davoli, Franco Citti, Giorgio Castrucci. I nomi li snocciola a memoria Ciarlantini: “Pasolini preferiva giocare di giorno perché ci vedeva poco senza occhiali. Di notte si sentiva a disagio e perdeva la visione complessiva del gioco. Era instancabile e generoso: non l’ho mai visto insultare un avversario. diceva sempre che una partita di calcio era come un mese di vacanze.”