Un altro giro di giostra: un libro di guarigione. Un ricordo e la sintesi in 12′
Pochi giorni prima che uscisse in libreria mi arrivò a casa una copia di Un altro giro di giostra con la dedica di Tiziano: “A Luciano Minerva, con tantissimi auguri per un comune mondo migliore”. Lo ringraziai subito e ne feci, come si usa nei metodi di lettura veloce, una pre-lettura in qualche ora. Lessi subito il risvolto di copertina: “La cura di tutte le cure è quella di cambiare punto di vista, di cambiare se stessi e con questa rivoluzione interiore dare il proprio contributo alla speranza di un mondo migliore”. E ancora: “Tanti libri in uno: un libro leggero e sorridente, un libro su quel che non va nelle nostre vite di donne e di uomini moderni e su quel che è splendido nell’universo fuori e dentro tutti noi”. Feci, come sempre, uno scorrimento veloce dell’indice, delle prime e delle ultime righe di ogni capitolo, per cogliere l’essenza del testo, prima di affrontarne la lettura vera e propria, quella integrale. Scorsi, come sempre, l’ultima pagina: “Io provo. Sto bene, ho forze, ma non me ne vanto, né me ne rallegro. Continuo a fare quel che ora mi pare giusto fare, senza aspettarmi risultati, senza sperare in ricompense, senza formulare desideri….tranne quello di arrivare a non aver più bisogno di tempo per me e dedicare quello che mi resta agli altri.” E arrivai alle ultime righe: “E io sono particolarmente fortunato perché, ora più che mai, ogni giorno è davvero un altro giro di giostra.”
Ero certo di essere davanti alla storia di un percorso di guarigione. Lo era, lo è, questo libro meraviglioso, il viaggio di un inviato di se stesso dentro il suo vero Sé. Ero felice perché dopo il “Signor Terzani, lei ha il cancro” della prima pagina Tiziano parlava del suo percorso di guarigione, attraverso la ricerca della “armonia con l’universo e con se stessi”. Ma tutti noi siamo abituati a intendere la guarigione come la possibilità di sfuggire alla morte, di negarla, di rinviarla a oltranza. Fui letteralmente sconvolto quando, tre giorni dopo, mentre ero a metà della lettura, intorno a pagina 200, Licio, l’operatore fiorentino che mi aveva accompagnato a casa sua, mi chiamò per dirmi che ….aveva letto sul Corriere della sera che Tiziano era ai suoi ultimi mesi di vita. “Non può essere – gli risposi quasi incattivito – sto leggendo il suo ultimo libro sulla sua guarigione!” Era vera l’una e l’altra cosa. Sentii Tiziano qualche giorno dopo, concordammo che su quel libro non avremmo rifatto una nuova intervista, ma avrei ridotto le 576 pagine a brani per complessivi dodici minuti. Il risultato è questo video: fu un lavoro in cui riuscii a mettere da parte la tristezza, la commozione, il dolore, per trasmettere l’essenza di tutta la bellezza di quelle pagine.
Mi chiamò qualche settimana dopo per invitarmi a pranzo a Firenze, nella sua casa di Bellosguardo. Era per salutarci e abbracciarci un’ultima volta, perché – mi disse – “mi ritiro all’Orsigna, dove non sentirò e non vedrò più nessuno.”
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