La voce sempre viva di Salvatore Guglielmino

La nota biografica che ho scritto per la quarta di copertina come autore di Un filo di voci. Trentadue scrittori dal mondo, inizia, per la prima volta, con queste parole: “Allievo, a Milano, di Salvatore Guglielmino“. Non poteva che essere così per il libro che offre l’essenza di lunghi anni di incontri con grandi scrittori. Perché considero i tre anni al Liceo Carducci di Milano, con lui insegnante di italiano, il vero imprinting del mio rapporto con la letteratura contemporanea.

Aveva trentasette anni (allora ci sembrava tanto grande) quando entrò, ospite dell’insegnante di lettere, nella nostra quarta ginnasio per darci l’idea del percorso che ci aspettava, due anni dopo, e a cui chiedeva di prepararci con le letture giuste. Voleva che cominciassimo per tempo a conoscere l’universo letterario e subito prima delle vacanze estive ci fornì una lunga lista di libri italiani e stranieri da leggere quanto prima. I suoi libri che avrebbero formato centinaia di migliaia di studenti di tutta Italia dovevano ancora nascere, noi eravamo probabilmente gli allievi su cui sperimentava il suo metodo innovativo per l’insegnamento di italiano. Fin dalla prima liceo, ad esempio, dedicava un’ora alla settimana alla letteratura contemporanea italiana e straniera, fatto certamente raro. Ecco la sua voce, in un’intervista ripresa da Radio Popolare il giorno della sua scomparsa, nel video realizzato da Stefano Lamorgese:

 

Nell’ultimo capitolo del mio libro ho scelto di rendergli omaggio con queste parole:

“Non si è più quelli di prima dopo aver letto Petrarca o Pirandello: Petrarca è un’educazione sentimentale, è la scoperta dei sentimenti e della riflessione sui sentimenti, Pirandello è la lacerazione del “cielo di carta”, la scoperta del gran teatro del mondo, delle gabbie sociali e dei letti di Procuste che coartano e amputano la nostra personalità.”

Salvatore Guglielmino, Guida al Novecento, Principato editore, 1986

Se, tornando alla narrativa a trent’anni dal liceo, ho potuto confrontarmi con i testi e gli autori come un esploratore, lo devo in buona parte alla lezione di Salvatore Guglielmino. Posso ancora vederlo come fosse oggi, il mio professore di italiano, con una sciarpa e la testa quasi calva protetta dal freddo milanese da una coppola fino a quando entrava in classe. Aveva il gusto di leggere ad alta voce i brani scelti con cura per noi. Per tre anni ogni mattina, al liceo Carducci di Milano, ho ascoltato pagine di scrittori italiani e stranieri d’ogni epoca attraverso brani letti da lui e intercalati dai suoi commenti.
Ci insegnava con metodo a osservare, ad analizzare i segni del testo, ad alzare e affinare le nostre antenne di lettori. Ci formava, con l’esempio, alla curiosità e alla scoperta dei mondi cui i grandi libri davano accesso e ad ascoltare gli echi che generavano in noi giovani lettori.
In un’intervista a Radio Popolare ritrasmessa nel 2001 dopo la sua scomparsa rivelava, con la stessa voce calda e pacata che il tempo non aveva cambiato e con quel marcato accento siciliano che Milano non aveva intaccato, qualche segreto del suo insegnamento: “C’è una complessità del discorso nel grande testo e che va conquistato. Però questo obiettivo non è fine a se stesso: il testo serve perché tale testo incida su di te. […] Bisogna lavorare su due terreni. Il primo è quello delle competenze: per leggere Petrarca o Montale bisogna sapere che c’è un linguaggio specifico, specialistico, che si è formato in un percorso secolare, ma, e questo è l’errore di tanti critici e di tanti docenti, per molti finisce qui. No, – precisò calcando bene la voce – comincia da qui! Ora hai gli strumenti per capire. Ma poi a te quel testo che cosa dice? Confrontati. Magari ti capiterà di confrontarti in seguito, di riprendere a trent’anni quello che non avevi capito a sedici o a diciotto, ma avviare su questa strada un rapporto coi grandi testi significa avere un patrimonio di colloquio che è sempre lì. Insomma: i libri sono sempre lì. Gli amici, gli amori vanno, vengono, ma per me i libri sono sempre lì.”

Solo ora, anche grazie all’esperienza preziosa che ho condiviso attraverso queste pagine, posso comprendere quanto la lettura e la scrittura siano atti ed espressioni d’amore: di un amore incondizionato per le storie e i personaggi veri e inventati di ogni luogo e di ogni epoca e, di conseguenza, per tutte le esperienze della vita.»

Questo, insieme ad altri ricordi più diffusi di Salvatore Guglielmino, per i più curiosi, si trova in un altro post di questo sito: https://www.lacittadiisaura.it/il-guglielmino-non-era-solo-un-libro-ma-uno-splendido-insegnante/ 

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Città Isaura

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