Lo scrittore sugli alberi: un film su Italo Calvino
“Lei sogna di vivere sugli alberi?” chiede l’intervistatore della tv francese. Un attimo di pausa di riflessione, poi Italo Calvino aggrotta le ciglia come per cercare dentro di sé la risposta e con incertezza timida risponde. “Forse…forse…io …io… ci vivo già”. “Sugli alberi?” chiede sorpreso il giornalista. Lui si apre in un sorriso e conferma: “Sì, sugli alberi. Stare sugli alberi è un modo per essere più vicino alla vita che si vive sulla terra.” E’ una delle prime sequenze del film documentario di Duccio Chiarini, a precedere e motivare il titolo “Italo Calvino: lo scrittore sugli alberi”, presentato a Venezia, messo in onda dalla Rai come Speciale Tg1 nel centenario della nascita e ora disponibile sulla piattaforma Raiplay.
Siamo nel 1957, è appena stato pubblicato Il barone rampante e le immagini che si intrecciano a quest’intervista sono quelle della rivolta ungherese e dell’invasione sovietica dell’ottobre 1956, che segnano una svolta di Calvino, una delle tante metamorfosi che ne caratterizzano il percorso di vita e letterario. “Fin lì – spiega il suo traduttore francese – lui camminava su due piedi, quello dell’impegno politico e quello della letteratura. Dopo di allora andrà su un piede solo. La domanda sarà: come trasmettere le convinzioni politiche nella letteratura. E Il barone rampante sarà una risposta straordinaria.”
Parte da qui il film, ma quel testo accompagnerà in filigrana tutto il tessuto narrativo, composto da immagini di repertorio dell’Istituto Luce, interviste allo scrittore, una preziosa raccolta di testimonianze raccolte fra Sanremo, Torino, Roma, New York e Parigi (le città attraverso cui è scorsa la sua vita), fotografie e filmati di famiglia, a partire da quando era molto piccolo. La figlia Giovanna racconta il Calvino privato, il rapporto con i genitori e con la moglie Chichita, chi ha lavorato con lui in Einaudi ne ricorda il carattere del suo lavoro di scrittore e redattore, docenti e critici letterari ci aiutano a comprendere il percorso della sua scrittura nelle sue varie pieghe.
Da questo mosaico si comprende bene l’originalità del suo punto di osservazione, di quel modo di guardare la realtà cui, nell’arco di tutta la sua narrativa, resterà sempre fedele, proprio come di uno scrittore sugli alberi. Scrivere di un uomo che vive sugli alberi – spiega ancora lo scrittore “mi permetteva di immaginare una fuga che non è una fuga. Era una soluzione di solitudine che è anche di partecipazione”. Ernesto Ferrero, suo collega a Einaudi, osserva come lui “non si sia mai pensato come una monade, ma come il nodo di una rete, parte di un sistema”, con un grande interesse e rispetto per il lavoro di gruppo. Particolarmente interessanti le osservazioni di Stefano Bollani, secondo cui Calvino ragionava come un musicista jazz: “prepara una struttura all’interno della quale è come se improvvisasse. Mentre si dà la regola, costruisce il ponte e ci cammina nello stesso momento”.
Come si vede bene dalla difficoltà, dall’impaccio del suo eloquio nelle sue rare interviste, tanto differente dalla sua scrittura, Italo Calvino avrebbe preferito non finire mai sotto i riflettori. “Quando mi trovo in un ambiente in cui posso esser invisibile mi sento bene. Il contrario di come mi sento in questo momento con la telecamera che mi tiene inchiodato alla mia fisicità, alla mia faccia”. Fra le curiosità si può vedere la ricostruzione del suo studio romano di Campo Marzio, che è stata riproposta dal 2021 in uno spazio dellla Biblioteca Nazionale a Roma, con i novemila volumi come li teneva lui, di cui si possono esplorare connessioni, relazioni, un sistema di conoscenze che rompe la barriera fra sapere umanistico e scientifico.
Il film scorre via in un montaggio sapiente dei suoi vari elementi come fosse un suo racconto, tenendo incollato lo spettatore come lui sapeva catturare il lettore. Senz’altro da non perdere, dunque.
Italo Calvino: lo scrittore sugli alberi, regia Duccio Chiarini, sceneggiatura Duccio Chiarini e Sofia Assirelli, collaborazione Claudia Lachina, produzione Panamafilm Les Films d’ici, Arte, Luca cinecittà on collaborazione con Rai documentari e Home movies, archivio nazionale film di famiglia. Durata 92 minuti.
[wl_navigator][wl_faceted_search]