Un sogno tra Dante e Leopardi di Giuseppe Elio Ligotti
Mi indicava di fuori un ampio calle,
i contorni pastosi del paesaggio,
un passero invisibile. La valle
errava d’armonia come di maggio.
“Questo è un idillio,” dissi. E lui, conforme:
“Lo squilibrio sovrano fra il miraggio
e il dolore muschiato delle forme.
Tutto è impreciso, errante,” e intanto andava
per un sentiero senza impronta d’orme
che a una spalliera di erbe declinava.
“In questo errare senza più presepe,
che senso ha la parola?” chiesi. “È schiava
della sua nudità, o forse ha crepe,
e dalle crepe un cespo che germoglia?”
“La parola è più avanti della siepe,
cura la nostalgia, cura la soglia
dell’infinito. È un giardiniere vago,”
mi rispose, “più vago di una foglia.”
“E il giardino?” “Il giardino è lungo il lago,
è uno spazio di cigni. È la poesia.
È l’unico ricamo fatto ad ago
in questa tela di disarmonia
che tesse la matrigna con le dita.
È Parca la natura, allegoria
di un tempo lacerato. Alla ferita
il verso giusto solo si può opporre.
Non toglie passo al tempo, gli dà vita.”
L’autore di queste terzine in rima dantesca è Giuseppe Elio Ligotti, per anni docente di lettere classiche a Roma. Donate a Pillole di gioia nella Giornata nazionale di Dante, il 25 marzo 2020, ai tempi del Coronavirus.